Alla
fine degli anni Ottanta, in Europa e negli Stati Uniti, prende avvio
una nuova disciplina: la zooantropologia che ha come obiettivo di ricerca
l’interazione fra l’uomo e l’animale in tutte le componenti:
semiotiche, culturali e comportamentali. Essa si inserisce a pieno titolo
in quel percorso di studio, inaugurato dal darwinismo e proseguito nelle
ricerche dell’etologia e delle neuroscienze, che ci ha avvicinato
alla conoscenza dell’alterità animale. Con la zooantropologia
si iniziano, infatti, a studiare, così come ci dice Roberto Marchesini,
“i fattori che guidano l’uomo nell’interazione con
le altre specie, e in particolare le pulsioni verso l’alterità
animale, i piani e i significati della relazione interspecifica, le
dimensioni comunicative che si vengono ad istaurare in tale rapporto,
le conseguenze obiettivamente costatabili sulla formazione e sull’equilibrio
psicologico dell’uomo” . Si viene dunque affermando l’idea
che la referenza animale, così come ci dice anche Lévi
Strauss, sia indispensabile per la realizzazione della persona e viene
sottolineata l’importanza che la presenza dell’animale ha
nello stabilire la definizione del concetto stesso di essere umano.
Così come la biologia evoluzionistica ha rivendicato un legame
genetico tra uomo e animale, la zooantropologia sottolinea un legame
altrettanto forte, ma questa volta di tipo ontologico fra le varie specie
animali, incluso ovviamente l’uomo. Lo scopo di questa disciplina è quello di descrivere ed interpretare in termini scientifici l’interazione uomo-animale analizzando tale rapporto in tutte le sue componenti, in modo da renderne più comprensibile la struttura, i fattori che lo regolano e le diverse tipologie riscontrabili nella nostra società, le possibili devianze e i rischi connessi. Conoscere l'ampia gamma di rapporti e di rimandi che ci legano all'alterità animale è molto importante, perché, come sostiene Marchesini, offre un piano articolato di interpretazione circa il nostro bisogno di riferirci all'animale per costruire universi simbolici, per definire la nostra stessa umanità, per ritrovare un'alleanza con la natura, per migliorare le interazioni con i nostri animali domestici, etc. Sicuramente la zooantropologia ha un forte debito nei confronti dell’antropologia, che ha profondamente contribuito a svelare l’importanza della referenza animale come peculiarità delle diverse culture, ma altresì come universale presenza all’interno dei sistemi culturali. E allo stesso modo è in debito con l’etologia, soprattutto nelle sue branche di zoosemiotica ed etologia umana, che hanno contribuito alla comprensione dei sistemi di comunicazione interspecifica. Da sottolineare a tal proposito sono gli studi di Konrad Lorenz, padre della ricerca etologica sulle relazioni uomo animale, che hanno dato una forte spinta all’avvicinamento dell’uomo all’alterità umana. Egli infatti non si è limitato a studiare il comportamento umano, ma ha posto delle profonde riflessioni sul dominio di validità degli apparati cognitivi dell’uomo. In uno dei suoi testi più importanti, L’altra faccia dello specchio, egli infatti dimostra che il modo di accostarsi al mondo non è omogeneo ed unico. La conoscenza umana, intesa come potenzialità investigativa sulla realtà, ha un carattere meramente locale e circostanziale e diviene dunque solo uno dei tanti modi di conoscere che hanno le specie animali. Inoltre esiste una profonda contiguità tra l’approccio conoscitivo dell’uomo e quello delle altre specie, con vaste aree di sovrapposizione. Oltre alle opere di Konrad Lorenz, fondamentali sono gli scritti di James Serpell, di Jean Pierre Digard, di Hubert Montagner e di Paul Shepard. Queste ricerche mirano a valutare il significato dell’interazione uomo-animale e conseguentemente le valenze psicologiche, cognitive, formative e assistenziali presenti in tale relazione. La zooantropologia tuttavia si distingue da tutte le altre scienze che si sono occupate del rapporto uomo-animale in quanto va oltre la consueta lettura strumentale della referenza animale e afferma l’importanza della coppia umano/non-umano che viene vista come una realtà indivisibile, in continua evoluzione e trasformazione, capace di dar vita a processi di ibridazione culturale . Con la zooantropologia si affaccia un nuovo modo di vedere l’animale, che non si volge più solo all’indietro alla ricerca di una parentela con l’uomo, ma guarda avanti cercando nell’animalità nuove opportunità ibridative che possano portare a nuove occasioni culturali. Infatti il presupposto di tale disciplina è che gran parte delle espressioni culturali dell’uomo abbiano origine da un processo di ibridazione con l’animale, ovviamente non biologica, ma derivante dall’interazione della coppia e non più esclusivamente frutto dell’uomo. L’interpretazione zooantropologica nega il carattere esclusivamente passivo dell’animale nell’interazione, l’atto culturale infatti è un atto animale in cui l’uomo accresce le proprie peculiarità. Attraverso la cultura l’uomo non si è allontanato dal mondo animale, perché in realtà, portando funzioni non-umane all’interno del proprio repertorio performativo, egli si è avvicinato alle altre specie seppur da un punto di vista conoscitivo. Grazie alla cultura l’uomo è meno chiuso all’interno dei propri schemi innati, quindi è meno autarchico e di conseguenza più vicino alle altre specie. Infatti in una concezione autarchica, basata sull’autoreferenza e sulla pura introspezione non è possibile uno sviluppo culturale. Tuttavia proprio questo suo “andare verso gli animali” ha costruito la base per la separazione/distinzione da essi, ma tale distinzione, come sottolinea Marchesini “non si fonda su un allontanamento bensì sulla capacità di costruire ponti di interscambio con le altre specie” . Si può quindi affermare che la cultura umana rappresenta il più grande debito che l’uomo ha contratto con gli altri animali, in quanto questi, con la loro referenzialità hanno permesso agli esseri umani di indirizzarsi verso l’esterno e acquisire quel quid che ha permesso all’uomo di sviluppare il proprio mondo culturale. Le diverse scuole di ricerca antropologica differiscono nella spiegazione che viene offerta alla tendenza, peculiare nella nostra specie, di creare rapporti affettivi, parentali, ludici, collaborativi, di branco con le altre specie animali e conseguentemente offrono una diversa chiave di lettura ai rapporti interspecifici o alle pulsioni riferite alle altre specie presenti nell’uomo. Ciò che invece accomuna le diverse scuole di ricerca zooantropologica è la definizione del carattere interno all’uomo del rapporto con l’animale. Secondo la maggior parte degli studiosi, infatti, la zoofilia ha avuto un ruolo specifico nella filogenesi dell’uomo. L’adozione transpecifica, così viene chiamato l’atto di fornire cure parentali ad altre specie, seppur presenti in altri animali è infatti nell’uomo che trova la sua massima espressione. Prodiga di cure parentali, la specie umana è particolarmente vulnerabile al potere di seduzione esercitato dalle morfologie giovanili, ma nello stesso tempo il soddisfare questo appetito, anche al di là delle competenze della specie, porta a una gratificazione di non poco conto per il benessere umano. Accade dunque, secondo Marchesini, che ogniqualvolta la nostra vocazione “a comportarsi come genitori” venga soddisfatta mediante la presenza di un cucciolo, questa soddisfazione abbia il potere di farci stare bene e di rafforzare la nostra zoofilia. Questo dimostrerebbe i forti poteri di tranquillizzazione evocati dall’interazione uomo animale e ampiamente indagati nella cosiddetta “pet therapy”. La zooantropologia, come abbiamo già visto, si avvale del contributo di diverse discipline - come la psicologia, l'etologia, la pedagogia, l'antropologia culturale - per realizzare un quadro il più possibile coerente sulla rete di relazioni che legano l'uomo alle altre specie viventi. Questo ambito della ricerca zooantropologica - definito zooantropologia teorica - si interroga non solo sul significato dei differenti contributi offerti dalle altre discipline, ma altresì sui rapporti che la zooantropologia instaura con le aree confinanti di ricerca o con altre discipline a prima vista molto distanti, come la semiotica. La zooantropologia teorica studia peraltro anche il significato biologico del rapporto uomo-animale, nelle sue prestazioni e nella sua evoluzione. Esiste poi un ambito della zooantropologia che si propone di realizzare progetti atti a valorizzare le opportunità insite nella relazione con l'animale e contemporaneamente contenere i rischi, o meglio i problemi che possono scaturire. Questo ambito della disciplina prende il nome di zooantropologia applicata. Conoscere i due termini del rapporto, ovvero i bisogni dell'uomo da un lato e le caratteristiche e i bisogni degli animali dall’altro, è indispensabile per poter gestire il rapporto, evitando frustrazione nell'uomo e sofferenza nell'animale, e ottimizzare la reciproca congruità. Importante è sottolineare che la zooantropologia applicata, in ogni caso, ha come obiettivo di intervento non il partner (umano o animale) preso singolarmente, ma il rapporto uomo-animale. |
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